"Ars Artis"
Fino a venerdì 25 settembre la 4° Biennale Fida a Trento, Torre Mirana
“Ma chi sono gli ‘artisti’ attivi oggi in regione? Bisogna chiarirsi. Essere o non essere un artista è questione di complessa e non condivisa determinazione. Un ‘artista’ non è assimilabile ad esempio a un medico, un architetto o un ingegnere: non si tratta di possedere o meno una laurea specifica o l’iscrizione a un ordine professionale. Un ‘artista’ non è analogo a un consigliere comunale o provinciale: per lui non c’è stata alcuna elezione. Un ‘artista’ non è come un membro o un socio di non importa quale associazione: non si diventa ‘artista’ mediante il pagamento di una quota annua di iscrizione”.
È questo l’incipit con cui Pietro Marsilli nel testo critico del catalogo Ars Artis, 4° Biennale Fida, Trento 2015, Torre Mirana, riflette sul tema: “Artisti, operatori artistici e appassionati attivi oggi in regione”.
Ars Artis, l’esposizione visitabile fino a venerdì 25 settembre presso Torre Mirana, Palazzo Thun, (dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 16.00 alle 19.00) fornisce un’implicita risposta all’interrogativo formulato da Marsilli.
Barbara Cappello, che oltre a parteciparvi come artista ne è la curatrice, ci ha proposto una visita guidata alla mostra, allestita da lei insieme a Matteo Boato, Stefano Benedetti, Diego Bridi.
“Siamo 33 artisti, ciascuno dei quali è presente con due opere, una esposta al piano di sopra e una nell’interrato – spiega Cappello -. Non è stato semplice individuare un filo conduttore, vista la diversità di ispirazione e di espressione che anima ciascuno di noi. Per questo, in primis, ci siamo affidati all’impatto estetico”.
Il percorso si apre, infatti, con un contrasto rosso-bianco: E quindi uscimmo a riveder le stelle di Francesca Libardoni affiancato a Effimero di Luciano Olzer.
Sulla destra si sviluppano quindi le cromie dell’azzurro, del verde, del blu con lavori come Risveglio dell'anima di Nadia Cultrera e Memorie di tre donne eccentriche di Giovanna Da Por. La spaccatura è introdotta da Nativi digitali di Stefano Benedetti che mantenendo il legame con il blu, rompe la forma. Si riparte quindi con la pittura materica di Matteo Boato e la scultura ceramica di Gianni Anderle, mentre i lavori di Sarah Mutinelli schiudono un’atmosfera di leggerezza, di “quasi innocenza, e ricordano i colori di Mirò” aggiunge la curatrice.
Nella zona centrale in due nicchie, fondamentalmente separate dal resto del percorso, si presentano opere di carattere più eterogeneo, mentre sul lato opposto, riprende la sezione dell’arte visiva, interrotta presto da una nuova spaccatura.
“Rompiamo tutto quanto, mantenendo la forma materica per dar via ai fondi bianche e molto grafici di poetica visiva di Renato Sclaunich, - riprende Cappello - c’è anche il mio Impatto leggero, un lavoro che riflette sul tema della violenza sulla donna, proponendo un corpo nella sua totale fragilità, sempre impedito nella sua difesa attraverso il suo essere imbrigliato dal cellophane, una pellicola che non si vede ma è sempre presente - specifica”.
Interessante anche la fotografia rivisitata con il digitale di Martina Angarano e la chiusura con il Mezzogiorno ai Nosellari di Gino Pisoni.
Nell’interrato, l’esposizione riprende la logica della cromia e della forma, con prevalenza di azzurro e grigio chiaro. Forme informi, realismo del paesaggio, una piccola galleria dedicata alla poetica visiva. Quindi la video art di Benedetti e la parte finale, dedicata al silenzio e alla contemplazione.
Mentre l’eco de Spazio//tempo//luce di Benedetti si smorza il visitatore è invitato a soffermarsi su una sequenza puramente estetica. Dalle panchine sembra giunge l'esortazione a una sosta di fronte a Tatuaggio dell’anima di Aldo Pancheri e alla Danza della vita di Roberto Piazza.
21/09/2015