Quartetto Jerusalem
Con Matan Porat, pianoforte - Alexander Pavlovsky, violino - Sergei Bresler, violino - Ori Kam, viola - Kyril Zlotnikov, violoncello
A. Dvorák
(1841-1904)
Terzetto in Do magg. op. 74
Introduzione – Larghetto – Scherzo. Trio – Tema con variazioni
Quartetto per archi n. 13 in Sol magg. op. 106
Allegro moderato – Adagio, ma non troppo – Molto vivace – Finale
Quintetto per pianoforte n. 2 in La magg. op. 81
Allegro, ma non tanto – Dumka: Andante con moto – Scherzo. Furiant: Molto vivace – Allegro
Passione, precisione, calore, una miscela dorata: questi sono i segni distintivi di questo eccellente quartetto d’archi”. Così ebbe a definire il Quartetto Jerusalem il critico del “New York Times”. Con la fondazione del Quartetto nella stagione 1993/1994 e il debutto nel 1996, i quattro musicisti israeliani hanno intrapreso un viaggio di crescita e maturazione che li ha portati ad avere un vasto repertorio e una impressionante profondità di espressione: un viaggio che è tutt’oggi motivato dalla stessa energia e curiosità con cui l’ensemble ha iniziato la propria carriera.
Il Quartetto Jerusalem porta avanti le tradizioni dei quartetti d’archi in un modo unico, avendo trovato il cuore espressivo in un suono caldo, pieno, umano, ottenendo la possibilità di raffinare sia le interpretazioni del repertorio classico sia delle opere più recenti e, in entrambi i casi, ambendo alla perfezione del suono.
Le collaborazioni con artisti del calibro di Martin Fröst, Steven Isserlis, Sharon Kam, Elisabeth Leonskaja, Alexander Melnikov e András Schiff dimostrano chiaramente come ogni artista ospite diventi parte integrante dell’inseparabile ensemble. Le sue registrazioni sono affidate in esclusiva ad Harmonia Mundi. Il Quartetto Jerusalem è ospite regolare e affezionato delle sale da concerto più rinomate al mondo. Ha ricevuto accoglienza speciale in Nord America, con esibizioni a New York, Chicago, Los Angeles, Filadelfia. Anche in Europa è ospite di importanti sale quali la Tonhalle di Zurigo, la Herkulessaal di Monaco, la Wigmore Hall di Londra, la Salle Pleyel di Parigi.
Accolto lo scorso anno con grande entusiasmo anche a Trento, torna nella nostra sala affiancato da una delle stelle più originali del pianismo mondiale, Matan Porat. Nato a Tel Aviv Matan Porat ha maturato una sensibilità unica praticando, assieme al pianoforte, la composizione e l'improvvisazione, con un impegno sia solistico che cameristico. Per questa sua visione trasversale della musica e dei repertori, è ricercato collaboratore dei più esigenti solisti affiancandosi a colleghi come Renaud e Gautier Capuçon, Sharon Kam, Kim Kashkashian o Emmanuel Pahud, mentre le sue composizioni sono regolarmente proposte da Andreas Scholl, Maria João Pires, Avi Avital, Cuarteto Casals. Il suo nome brilla in tutte le edizioni dei festival più considerati, da Ravinia, Verbier, Musikfest Berlin a Rheingau.
“Credo sia questo il segreto del talento musicale della gente del mio paese, ogni slavo ama profondamente la musica, anche se lavora tutto il giorno nei campi o fra i buoi. È lo spirito della musica a renderlo felice” raccontava Antonín Dvořák (1841-1904) in un’intervista a Londra nel 1885, ricordando le sue origini umili e la passione per la musica della sua terra.
A differenza del conterraneo Smetana, che nelle sue opere ritrae per lo più una Boemia epica nella sua lotta per l’indipendenza, Dvořák trae ispirazione dal paesaggio rurale e dal folclore. Incoraggiato e sostenuto da importanti personalità del mondo musicale tra cui Hanslick e Brahms, il suo percorso compositivo si muove nel segno del ripensamento della musica popolare autoctona, dei suoi ritmi di danza, delle sue inflessioni melodiche. Un atteggiamento che coinvolge tutta la sua produzione, dai lavori sinfonici al repertorio cameristico. Il Terzetto op. 74 (1887) fu composto per un’esecuzione privata a Praga e la predilezione per la musica vocale si rintraccia già nel titolo (Terzetto, al posto del più comune Trio). Per lo Scherzo ricorre al furiant, vivace danza boema, presente anche nel suo Quartetto n. 13 (1895), un omaggio festoso alla patria composto al rientro dal soggiorno di tre anni a New York come direttore del locale conservatorio.
Il Quintetto per pianoforte n. 2 (1887) unisce elementi brahmsiani a quelli di ispirazione folclorica, rintracciabili nei due tempi centrali, in netto contrasto tra di loro. “La musica dei popoli è come un fiore raro e bello, che cresce in mezzo agli sterpi contorti. Migliaia passano di lì senza accorgersene mentre altri la calpestano. E così è grande la probabilità che perisca prima di essere vista da uno spirito attento che l’apprezzi”. Dvořák ha saputo prendersi cura di questi ‘fiori rari’ e ci offre stasera, attraverso un quartetto d’eccezione, un “bouquet musicale” di straordinaria bellezza.
Barbara Babic