Area archeologica dei Campi Neri
La località Campi Neri, situata a monte del centro storico di Cles, è nota fin dagli inizi dell’800 per aver restituito un significativo insieme di reperti compresi tra la preistoria e l’epoca romana, perlopiù riconducibili all’ambito del culto.
Il luogo di culto dei Campi Neri di Cles, Val di Non
IL TERRITORIO
La Valle di Non conserva eccezionali testimonianze del suo passato. Situata in posizione di strategico collegamento tra la Valle dell’Adige, la Valcamonica e il bacino del Garda, ha costituito fin dall’antichità un’importante via di comunicazione e di scambio fra le genti della pianura padana e i territori transalpini e centroeuropei, assumendo un ruolo di primo piano nel panorama archeologico non solo trentino. I numerosi ritrovamenti e le ricerche condotte in diverse località attestano una lunga frequentazione da parte dell’uomo e, spesso, una continuità abitativa dovuta ad una morfologia accidentata che ha inevitabilmente limitato lo spazio disponibile alla collocazione dei primi villaggi.
DALLE PRIME RICERCHE AGLI SCAVI PIù RECENTI
La località Campi Neri, situata a monte del centro storico di Cles, è nota fin dagli inizi dell’800 per aver restituito un significativo insieme di reperti compresi tra la preistoria e l’epoca romana, perlopiù riconducibili all’ambito del culto. In particolare ricordiamo tre altari in pietra con dedica al dio Saturno e la cosiddetta Tabula Clesiana, una lastra di bronzo recante l’editto con cui, nel 46 d.C., l’imperatore Claudio concedeva, con effetto retroattivo, la cittadinanza romana alle popolazioni locali. Tali testimonianze hanno portato ad avanzare l’ipotesi che ai Campi Neri sorgesse un tempio consacrato a Saturno, connotato oltreché da un ruolo religioso anche da funzioni politico-amministrative e di aggregazione sociale. Le ricerche eseguite tra il 1999 e il 2007 dall'Ufficio beni archeologici della Provincia autonoma di Trento nei terreni dell’attuale Istituto Comprensivo Bernardo Clesio e dell’Azienda Pubblica di Servizi alla Persona “Santa Maria”, hanno evidenziato l’esistenza di una vasta area santuariale, frequentata a scopo di culto dalle comunità della valle a partire da una fase finale dell’età del Rame (2.500 a.C. circa) fino all’epoca romana (I-IV secolo d.C.) e contrassegnata da pratiche cerimoniali che prevedevano la deposizione di offerte votive e di resti umani cremati, il sacrificio di animali, l’accensione di fuochi connessa a piccole strutture localizzate o a più grandi roghi. Elementi costanti in tutti i momenti della lunga occupazione del sito sono i percorsi stradali con indubbie funzioni sacre e rituali. Si tratta di singole vie presenti in ogni fase, caratterizzate da orientamenti ripetitivi e da analoghe modalità di approntamento, probabilmente connesse allo svolgimento di processioni. Gli oltre mille reperti venuti in luce, in gran parte conservati presso il Museo Retico di Sanzeno, contribuiscono a confermare la straordinaria importanza del sito, che già alla fine dell’800 lo studioso di Cles Luigi de Campi aveva rimarcato nei suoi scritti.
CIRCOLI DI PIETRE
Le più antiche tracce di frequentazione del luogo di culto dei Campi Neri si localizzano nell'ambito del parco dell’APSP “Santa Maria”, dove è stato indagato e conservato in situ un circolo di pietre del diametro di circa 8,50 m, databile tra la tarda età del Rame e l’inizio dell’Antica età del Bronzo (2.500–2.000 a.C. circa). Sono state individuate almeno due fasi strutturali. La prima vede la presenza di un ampio recinto di grossi blocchi che racchiude una struttura più piccola, del diametro di 2,90 m per un elevato di circa 40 cm, la cui parte sommitale era forse destinata ad ospitare l’accensione rituale di fuochi. I reperti rinvenuti in tale contesto sono rappresentati da strumenti in selce sistematicamente alterati dal calore. Sono inoltre attestate piccole raccolte di ossa umane calcinate che portano a mettere l’area in connessione con particolari pratiche funerarie o propiziatorie, forse legate ad un culto degli antenati. In fase successiva l’area interna del grande recinto viene colmata da una piattaforma di pietre e ciottoli, coperta e circondata da un suolo organico, da cui provengono centinaia di strumenti e schegge di lavorazione in selce nonché rari frammenti ceramici. Persistono gli addensamenti di ossa umane cremate sia sopra la piattaforma che nelle immediate adiacenze e continuano le accensioni rituali di fuochi localizzati, come documentano consistenti tracce di carboni e le alterazioni delle pietre. Le analisi paleobotaniche hanno riconosciuto la presenza di cereali (orzo, farro, panìco), di leguminose (lenticchia) e di resti carbonizzati forse attribuibili a preparati alimentari non meglio definiti e interpretabili come probabili offerte.
FUOCHI RITUALI
Durante l’età del Bronzo Medio (1.600-1.400 a.C. circa), nelle immediate vicinanze dell’antico circolo di pietre, è documentata l’accensione di fuochi entro fosse circolari poco profonde. Tali “fosse di combustione” costituiscono le più antiche evidenze di una specifica attività rituale che caratterizzerà le successive fasi di frequentazione del sito fino all’età del Bronzo Finale (1.100-900 a.C. circa, fase della cultura Luco-Meluno). Su tutta l’area dei Campi Neri ne sono state individuate quasi duecento, con pareti scottate e legni carbonizzati al loro interno, e colmate da pietre fortemente alterate dal calore. La disposizione di ossa animali, soprattutto di bue, sulla parte sommitale del riempimento, porta ad ipotizzare un utilizzo delle fosse per la cottura delle carni con successiva offerta di parti di cranio al di sopra dello strato di pietre. A monte dell’area di culto è stata messa in luce per una lunghezza complessiva di 230 m. un’imponente struttura lineare composta da grossi blocchi di pietra, ciottoli e terra, realizzata in tre diversi momenti compresi tra l’età del Bronzo Finale (1.100-900 a.C. circa), la seconda età del Ferro (metà VI-I secolo a.C., fase della cultura Fritzens-Sanzeno o retica) e l’epoca romana (I-IV secolo d.C.). Tale barriera artificiale aveva lo scopo di contrastare i processi di degrado del versante, innescatisi forse a causa di fenomeni di deforestazione, imponendo uno spostamento verso valle delle aree destinate alle attività di culto e determinando l’abbandono ed il seppellimento delle più antiche testimonianze.
VIE SACRE
In tutte le fasi della lunga frequentazione del luogo di culto sono presenti dei percorsi viari caratterizzati dal medesimo orientamento e realizzati mediante la stesura di una massicciata in ciottoli delimitata da cordoli laterali di grosse pietre. Tali “strade”, con evidenti funzioni sacre e rituali, venivano presumibilmente utilizzate per il passaggio di processioni. I due percorsi più antichi, corrispondenti a fasi di relativa stabilità idrogeologica, si trovano a monte dell’imponente allineamento di massi. Il primo, di cui sono conservate deboli tracce, passava a lato del circolo di pietre della tarda età del Rame. Il secondo, risalente all’età del Bronzo Recente (1.300-1.200 a.C. circa), provenendo da monte descriveva una curva sempre in prossimità dell’antico recinto, che evidentemente risultava ancora visibile e rispettato. Le successive strade, realizzate consecutivamente nell'età del Bronzo Finale (1.100-900 a.C. circa), nella seconda età del Ferro (metà VI-I secolo a.C.) e in epoca romana (I-IV secolo d.C.), si collocano a valle della struttura di contenimento con tracciati che spesso si sovrappongono. La strada della seconda età del Ferro è stata in parte conservata e resa visitabile a fianco del nuovo Istituto Comprensivo Bernardo Clesio.
DONI PER GLI DEI
A fianco della strada della seconda età del Ferro è stata messa in luce un’ampia fossa a “ferro di cavallo”, colmata da terreno carbonioso, dov’erano depositate decine di reperti, soprattutto metallici, tra cui figurano ornamenti, lamine di bronzo ritagliate in forma geometrica o a figura umana stilizzata, bronzetti e armi databili tra V e II secolo a.C. Si tratta probabilmente di un deposito di materiale votivo recuperato nell’area santuariale e sotterrato forse con cerimonie rituali di cui sono indizio le numerose ossa di animali (bue, capra-pecora, maiale). Interessanti reperti provengono da tutta l’area dei Campi Neri, tra cui due splendide spille di bronzo, una a forma di carro da guerra (metà del VI-metà V secolo a.C.) e l'altra zoomorfa (metà del V-IV secolo a.C.), entrambe con riscontri in ambito alpino sud-orientale. Da sottolineare anche la presenza di spiedi in ferro, forse utilizzati per cuocere le carni degli animali sacrificati, in parte donate agli dei e in parte distribuite ai fedeli durante i riti. La continuità di frequentazione a scopo di culto in epoca romana è documentata dalla presenza di ornamenti e monete, con datazioni comprese tra il II secolo a.C. e la metà del IV secolo d.C.. Numerosi i campanellidi ferro e di bronzo, che immaginiamo appesi al collo degli animali condotti al sacrificio anche se non si esclude che alcuni esemplari potessero essere utilizzati quali strumenti acustici di accompagnamento a processioni e cerimonie. Tra i molti reperti di epoca romana recuperati nel corso delle ricerche, alcuni dei quali volutamente spezzati o ritorti in un gesto che aveva lo scopo di rimarcarne il valore simbolico, si distinguono infine i resti di almeno tre coppie di manette in ferro per mani o piedi la cui presenza nell’ambito di un luogo di culto può essere riconducibile a episodi di liberazione di schiavi.
Testo di Lorenza Endrizzi, archeologa