Passeggiata archeologica di Cavedine
L'itinerario proposto (durata ore 1-1.30) lungo la strada "romana" introduce in un ambiente geomorfologico tipico per la nostra regione, in un paesaggio fatto di colture, terrazzamenti, spianate che denunciano l'antica fitta colonizzazione della valle da parte dell'uomo.
La Valle di Cavedine si presenta come un ampio terrazzo pensile sulla sinistra del bacino orografico del fiume Sarca. Risulta essere stata abitata fin dal Neolitico (IV millennio a.C.) in ciò favorita dal fatto che essa presentava condizioni climatiche ottimali per l'insediamento e rappresentava una delle vie principali di comunicazione tra il Garda e la Valle dell'Adige.
In età romana la valle, unitamente alle valli Giudicarie e all'area benacense, non apparteneva al Municipium tridentino bensì a quello di Brescia.
Testimonianze dell'antica presenza umana nella valle sono:
A) Molti toponimi (ossia nomi di paesi e località che risalgono ad epoche assai lontane).
B) La tradizione orale che definisce "romana" la strada che lungo le colline conduce da Drena fino a Vezzano (in realtà è arduo provare con assoluta certezza tale origine).
C) Le testimonianze archeologiche. Reperti preistorici, romani e altomedievali furono sporadicamente rinvenuti in tutta la valle, soprattutto sulle colline.
L'itinerario proposto (durata ore 1-1.30) lungo la strada "romana" introduce in un ambiente geomorfologico tipico per la nostra regione, in un paesaggio fatto di colture, terrazzamenti, spianate che denunciano l'antica fitta colonizzazione della valle da parte dell'uomo. Qui si incontrano alcuni "monumenti": la "fonte romana" costituita da un breve avvolto in muratura inserito nel sottosuolo che porta ad un ambiente in cui si raccolgono le acque provenienti da una falda freatica (non si può assegnare con sicurezza all'età romana ma la sua antichità è evidente); la "Cosina", la grotticella adibita durante l'Eneolitico-Bronzo antico (III-II millennio a.C.) ad abitazione e a luogo di sepoltura secondo una consuetudine diffusa in quel periodo nella fascia meridionale alpina; la "Carega del Diaol" o "Trono della Regina", blocco roccioso affiorante in un campo in località Fabian a singolare forma di sedia che porta incisa un'iscrizione funeraria romana; il grande sottoroccia nei pressi dei Castelletti in località Dos Fabian dove alcuni anni fa venne scavato un insediamento dell'età del Bronzo (II millennio a.C.)
LA "CAREGA DEL DIAOL"
Il blocco roccioso affiorante nel prato a fianco della cosiddetta "strada romana" viene tradizionalmente nominato "carega del diaol" (sedia del diavolo) o "trono della regina", a causa della sua forma curiosa. Al centro del lato Est vi è uno scasso nella cui parte interna è ricavato uno specchio epigrafico con i margini laterali leggermente divergenti verso il basso. All'interno dello specchio è incisa un'iscrizione funeraria, nota fin dalla seconda metà del XVIII secolo, il cui testo è il seguente:
Pliammus Terti M
andilonis f(ilius) sibi et P
rimae Libertae ux(ori)
L'epigrafe è databile al I secolo d.C., in un momento iniziale processo di romanizzazione del Trentino: i nomi dei personaggi ricordati nell'iscrizione testimoniano la loro origine indigena. L'iscrizione, come si è detto, è di tipo funerario, ma la sepoltura vera e propria di Pliammo e della moglie Prima, nonostante siano stati effettuati dei saggi di scavo nelle adiacenze, non è stata rinvenuta; anche dell'eventuale loculo-ossario che potrebbe essere stato ricavato nella roccia non si sono trovate tracce, probabilmente a causa del fatto che la parte superiore del masso è stata asportata dai contadini per ricavare materiale edilizio.
LA "COSINA"
Scoperta e ricerche
La grotta cominciò ad incuriosire gli studiosi fin dall'inizio del nostro secolo. Nell'autunno del 1912 don Felice Vogt, parroco di Madruzzo, vi condusse una regolare campagna di scavo che portò al rinvenimento di alcune sepolture.
Fasi di occupazione
Recenti studi tendono a datare il sito alla fine dell'Eneolitico-antica età del Bronzo (fine III-II millennio a.C.). Nella Valle di Cavedine si assiste al trasferimento delle zone insediative su naturali rialzi collinari, come si riscontra tra l'altro sul vicino Dos del Fabian, al cui abitato, data la vicinanza topografica, potrebbero essere appartenuti gli individui qui sepolti. La grotta è costituita da un corridoio breve e basso e da una "camera" con pareti lisce coperte da concrezioni calcaree. Presso il suo imbocco si apre, verso l'alto, una fenditura, probabilmente allargata in età moderna, utilizzata come sfogo per il fumo di fuochi accesi da pastori ivi occasionalmente riparatisi. Sei sono le sepolture addossate alle pareti con gli scheletri deposti in posizione rannicchiata. Il corredo funebre era costituito da un recipiente in ceramica ad impasto grossolano decorato da semplici cordoni in rilievo. Accanto ad uno dei sepolti (tomba n. 1) si trovò pure la cuspide di lancia in selce qui riprodotta.
Collocazione topografico-culturale
La Cosina è una naturale cavità aperta nella roccia calcarea del versante orientale del Monte Brusino. Nel Trentino si hanno numerose testimonianze circa l'uso fra il III e il II millennio di grotticelle e di ripari sottoroccia ai fini sepolcrali. Mentre nelle grotte il morto era deposto in una semplice fossa, nei ripari, morfologicamente meno protetti, un accumulo di pietre circondava e copriva la salma normalmente deposta rannicchiata.