Trento, Dos Trento, Chiesa paleocristiana, V/VI secolo
L’area conserva le rovine di un’antica chiesa eretta nel V secolo e frequentata nei secoli successivi. Con gli edifici di culto della città romana è testimonianza diretta del cristianesimo dei primi secoli in regione.
L’area conserva le rovine di un’antica chiesa eretta nel V secolo e frequentata nei secoli successivi. Con gli edifici di culto della città romana - l’ecclesia dentro le vecchie mura e la basilica innalzata al loro esterno per accogliere le tombe dei martiri della Chiesa di Trento (l’attuale cattedrale) - è testimonianza diretta del cristianesimo dei primi secoli in regione.
LA POSIZIONE
La chiesa occupa la parte più alta del dosso dove un’antica tradizione identificava, senza averne le prove, il rifugio della popolazione sotto l’incalzare delle invasioni barbariche dopo avere considerato questo come l’acropoli di Tridentum, la città fondata nel I secolo a.C. ai tempi di Augusto. I documenti d’archivio indicano il dosso come uno spazio fortificato, variamente chiamato: castellum verruca nel 507-511, tridentinum castellum nel 680, castrum tridentinum nel 1170 e nel 1230. Un luogo che, con questa funzione, fin dall’età tardoantica (fine IV- inizio V secolo) si è affiancato alla città vera e propria posta sulla riva opposta del fiume. Servito forse per una guarnigione, si estendeva su una superficie di oltre 50.000 mq e comprendeva anche l’area alla base del dosso, cinta su tre lati da mura molto spesse e saldate alle pareti di roccia. La sicurezza era garantita dalla natura stessa e, come si legge in una lettera scritta dal re Teoderico intorno al 507-511, il dosso a chi lo osservava dal basso appariva (e come oggi appare) “…simile a una torre (…) che non richiede difesa e non teme assedio, dove né chi attacca può osare nè chi vi è rinchiuso deve temere alcunché…”.
LA SCOPERTA
Il ritrovamento dei ruderi della chiesa, ancora visibili in alzato meno di duecento anni fa, risale all’anno 1900 e la completa messa in luce è avvenuta nel primo dopoguerra grazie a scavi eseguiti dall’allora neo costituita Regia Soprintendenza all'Arte medievale e moderna in Trento. In seguito furono condotti altri interventi, soprattutto di restauro conservativo, che nel 1998 hanno portato al riconoscimento dell’interesse culturale dell’area.
L’EDIFICIO
L’area archeologica è costituita dai ruderi di un complesso di culto articolato in due aule longitudinali absidate, distinte e parallele e fiancheggiate da ambienti e da annessi di più incerta interpretazione. La pianta dell’aula maggiore (A) è completa. Orientata da ovest a est, presenta lati lunghi scanditi da lesene esterne mentre davanti alla facciata (1), dove si trovava l’ingresso principale (o gli ingressi), stava forse un atrio o più semplicemente un portico trasversale, ampio quanto la facciata stessa. L’interno è spazioso (circa 30 metri in lunghezza per 10 metri in larghezza) e termina in un transetto che conferisce all’edificio una forma a croce conclusa centralmente da un’ampia abside, curvilinea e sporgente, a sua volta fiancheggiata da due piccoli ambienti quadrangolari, di non chiara funzione. Forse si tratta di due mausolei funerari di insigni personaggi oppure dei pastophoria, annessi di servizio simili alle odierne sacrestie. Davanti all'abside, sopraelevato sul pavimento dell’aula, si trovava l’altare, non più conservato. A sua testimonianza rimangono tratti del presbiterio, l’area riservata al clero e chiusa sull’intero perimetro da una recinzione in pietra scolpita realizzata tra VIII e IX secolo e composta da lastre e pilastrini con colonne e architravi (pergula), oggi in parte conservati al Castello del Buonconsiglio.
Affiancata a nord e forse di costruzione successiva è la seconda aula (B), della quale restano solo poche parti. Con analogo orientamento della principale, é larga otto metri ed è chiusa da un’ampia abside nella parte interna a est. Sul lato esterno la fiancheggiavano degli ambienti serviti forse per delle sepolture. L’aula era pavimentata da un mosaico a riquadri geometrici con motivi ad intrecci. Nella parte centrale, a marcare l’accesso all’abside, era riprodotto un grande vaso ansato arricchito da cespi d’acanto e uccelli ai lati simbolo metaforico dell’albero della vita e dell’acqua, segno di rinascita nella fede in Cristo. Completava il mosaico un’iscrizione dedicatoria a Dio e ai Santi Cosma e Damiano, i due medici martirizzati nei pressi di Antiochia nel 303 il cui culto si diffuse in Occidente a partire dai tempi di Giustiniano (527-565), voluta dall’offerente (Laurentius cantor) citato assieme al vescovo Eugippio, che governa la Chiesa di Trento attorno agli anni 530-540 ca.
RUOLI E SIGNIFICATI
Il significato e la funzione del complesso paleocristiano non sono del tutto chiari sul piano dell’interpretazione storica. La posizione è stata tuttavia di assoluto rilievo e molto visibile dall’esterno, in un luogo strategico e fortificato, quindi molto significativo e protetto. È possibile che si tratti di un nucleo monumentale memoriale, eretto per volere dei vescovi cittadini e ampliatosi nel tempo sia per la pratica di una liturgia ordinaria sia per celebrazioni e ricorrenze annuali proprie di questo luogo e del calendario della Chiesa di Trento. Non si esclude però la possibilità di un luogo con parti distinte per fedeli di differente dottrina: cristiani ortodossi romani e cristiani ariani che le fonti del periodo ricordano presenti in città al tempo dei Goti e dei Longobardi (VI-VII secolo).
Testo di Enrico Cavada, archeologo