A tu per tu con l'opera

Le porte del Laboratorio di restauro storico-artistico della Soprintendenza per i beni culturali si aprono per svelare il fascino di storie secolari

Una cuspide lignea dipinta raffigurante una Crocefissione, sec. XIV, di ambito italiano; un olio su tavola intitolato il Trionfo dell’Amore di Marcello Fogolino (attr.); San Faustino e San Giovita, di Maffeo e Andrea Olivieri (attr.), scultura lignea dorata e policroma del 1515-1520 ca.; una Crocifissione di scultore ignoto del secolo XVIII, scultura in avorio; un San Romedio di scultore ignoto del sec. XVIII, scultura lignea policroma; il Ritratto di Pietro Pedrotti di pittore ignoto di fine sec. XIX: con “A tu per tu con l'opera” il Laboratorio di restauro storico-artistico della Soprintendenza per i beni culturali per la prima volta apre le porte al pubblico e lo invita ad avvicinarsi agli ultimi lavori realizzati in diretta amministrazione su alcuni manufatti provenienti dalla città e dal territorio provinciale, che ben esemplificano la ricchezza e la varietà tipologica dei beni mobili oggetto di tutela.

L'iniziativa si svolgerà giovedì 9 giugno alle ore 15.00 e 15.45 presso il Laboratorio di Palazzo Tambosi. I visitatori, in piccoli gruppi, potranno così dialogare direttamente con i restauratori in un viaggio “sotto la pelle” dell'opera e nelle strategie del restauro moderno.

L'ingresso è libero fino ad esaurimento posti.

È gradita la prenotazione: tel. 0461 492102, uff.benistorart@provincia.tn.it

Di "occasione straordinaria di entrare dietro le quinte dove normalmente non si accede - parla il soprintendente Franco Marzatico durante la presentazione dell'iniziativa -. L'idea di questa apertura nasce anche per mettere al centro l'attività di tutela del patrimonio culturale, molto spesso sottovalutata perché nei musei, nelle chiese, nei luoghi d'arte noi vediamo l'oggetto esposto ma non ci rendiamo conto anche dell'impegno presupposto dall'attività di conservazione - prosegue -. Un impegno che contempla anche forti responsabilità sulle metodologie da adottare, ogni materia ha delle esigenze, esiste una 'Carta del restauro' che dà delle indicazioni generali, ma a ciò si accompagna un aggiornamento costante richiesto per intervenire nel modo più adeguato. Ci auguriamo che questo sia l'inizio di un percorso che avvicini il pubblico alle operazioni di tutela, conservazione, restauro svolte anche dagli altri uffici della Soprintendenza" - conclude. 

Nel suo intervento Ermanno Tabarelli de Fatis, direttore dell'Ufficio per i beni storico-artistici, spiega invece che "accanto all'attività più conosciuta della Soprintendenza, esiste quella un po' più nascosta del Laboratorio. Un luogo molto importante che con personale interno e fondi della Soprintendenza - un vero e proprio lavoro in amministrazione diretta svolto dalla Provincia - si occupa di controllare, restaurare e svolgere la manutenzione delle opere d'arte di proprietà provinciale, e di altre che sono sul territorio in situazione problematica. Il Laboratorio si occupa anche di testare metodologie e prodotti nuovi, ha quindi anche un ruolo di riferimento e di guida per i restauratori esterni. La scelta di aprirlo al pubblico - aggiunge - è connessa anche all'intento di dare conto di quello che la pubblica amministrazione e dipendenti svolgono a beneficio della collettività. Un altro settore in cui siamo impegnati riguarda i tirocini, cioè la formazione dei giovani restauratori" - conclude.  

Nell'occasione è stato inoltre presentato il nuovo volume Il perduto ciclo di affreschi della chiesa di San Michele a Darzo, edito dalla Soprintendenza a firma di Matteo Osele, che ha ampliato la sua tesi di laurea sui frammenti d'affresco rinvenuti durante gli scavi e conservati presso i depositi della Soprintendenza. Il lavoro, con il coordinamento editoriale di Salvatore Ferrari e un contributo scientifico di Stefano Volpin, chimico del Laboratorio, costituisce il settimo volume della collana “in filigrana”, ideata da Laura Dal Prà, nonché un ulteriore tassello della collaborazione strategica tra la Soprintendenza e l'Università di Trento.

LE OPERE RESTAURATE

Ambito centro-italiano, Crocefissione, sec. XIV, cuspide lignea dipinta, cm 49,5 x 29 x 2, Trento, Castello del Buonconsiglio. Restauro e scheda di Antonello Pandolfo

L'opera fu acquistata alla fine degli anni Venti del Novecento dal Museo Provinciale d'arte di Trento (oggi Museo Castello del Buonconsiglio e Collezioni provinciali) alla ditta di spedizioni Cesare Brusco di Trento, con una prelazione all'esportazione.

Si tratta di una piccola cuspide in legno di olmo dipinta, raffigurante una Crocefissione - ambito stilistico Italia centrale; epoca XIII - XIV secolo - che in origine doveva essere l'elemento centrale di un altarino a sportelli, come dimostrano la presenza di due elementi metallici inseriti sul bordo sinistro della tavola e le tracce di alloggiamento di altri due ganci disposte simmetricamente sul lato destro.

La tavola mostrava una superficie dipinta con gravi difetti di adesione/coesione e quasi totalmente oscurata da una garza di cotone incollata in un precedente restauro; al di sotto della tela si intravedeva una stesura pittorica antica raffigurante appunto una crocefissione.

Prima di intraprendere il nuovo intervento si è deciso di sottoporre il dipinto ad una serie di indagini diagnostiche preliminari. In particolare la radiografia e la riflettografia I.R hanno evidenziato al di sotto degli strati di colla scurita e tela un'immagine abbastanza nitida seppur lacunosa.

Preso atto della necessità di rimuovere la tela incollata - anche per evitare l'azione di “strappo” sul colore sottostante - si è impostato l'intervento di restauro secondo le seguenti modalità: consolidamento e fissaggio degli strati preparatori e pellicola pittorica, rimozione della tela meccanicamente a bisturi con l'ausilio di microscopio binoculare; stuccatura delle lacune e reintegrazione pittorica.

Marcello Fogolino (attr.), Trionfo dell’Amore, olio su tavola, XVI secolo, cm 50 X 163; Trento, Castello del Buonconsiglio. Restauro e scheda di Roberto Perini

Il dipinto, acquistato nel 2002 sul mercato antiquariale trentino, proviene dall’importante famiglia Roccabruna com’è attestato dallo stemma della casata venuto in luce sul retro della tavola dopo l’asportazione di una tenace ridipintura settecentesca.

Per la particolare forma trapezoidale, per le impronte lasciate dalle cerniere metalliche sulla superficie dipinta, per la presenza del foro che bloccava l’asta di apertura è da considerare come il coperchio di uno strumento musicale a tastiera (come il virginale, o il cembalo).

La tavola si presentava fessurata, totalmente ingessata e ridipinta sul retro, la superficie dipinta oscurata da ravvivanti alterati (quasi insolubili) e depositi di sporco fissato. Policromia e preparazione erano interessate da fenomeni di deadesione dal supporto che avevano causato numerose cadute; altre lacune erano riconducibili all’uso dello strumento.

Dopo aver eseguito una serie di indagini diagnostiche, miranti al riconoscimento degli strati cromatici originali e della natura delle sovramissioni e ridipinture, sono stati eseguiti il fissaggio e il consolidamento della pellicola pittorica e della tavola lignea.

Si è rivelata di notevole difficoltà la fase di pulitura della cromia, realizzata con una visione delle fasi operative attraverso il microscopio binoculare. Sono state impiegate soluzioni solventi appositamente testate in supportanti. Strati di sostanze insolubili si sono asportate mediante bisturi. La stuccatura delle lacune, un’accurata reintegrazione pittorica e la verniciatura finale, hanno concluso questo complesso intervento.

Maffeo e Andrea Olivieri (attr.), San Faustino e San Giovita, scultura lignea dorata e policroma, 1515-1520 ca., cm 113 x 40 x 22 ca. Ragoli, chiesa cimiteriale dei Santi Faustino e Giovita. Restauro a cura di Andrea Fratta; supervisione e scheda di Maria Luisa Tomasi

Le due sculture erano originariamente parte dell'altare ligneo della chiesa dei Santi Faustino e Giovita di Ragoli, dove si conserva tuttora parte dello scrigno. Il complesso comprendeva anche la Madonna con Bambino ora nella chiesa di Preore, l'Annunciazione al Castello del Buonconsiglio e altre due figure di santi in deposito presso la Soprintendenza per i beni culturali di Trento.

Le opere presentavano numerosi fori di sfarfallamento (tarli) e in più zone il supporto ligneo, a causa delle gallerie scavate dai tarli, era talmente fragile da disgregarsi (manto San Giovita). Tale attacco è stato bloccato negli anni Novanta attraverso un trattamento di disinfestazione tramite anossia. Le parti dorate presentavano cadute e problemi di adesione al supporto ligneo. La superficie trattata a foglia metallica e la policromia erano offuscate da depositi di polvere e da un fissativo applicato nel corso di un precedente restauro.

La prima operazione è stata quella di prelevare quattro campioni da sottoporre ad analisi stratigrafica e microchimica. In base ai risultati si è condotta la pulitura soprattutto per quanto riguarda gli incarnati che presentavano due ridipinture. Per le operazioni di prefissaggio e fissaggio, si è proceduto al consolidamento degli strati materici costituenti l'opera, tale da garantire l'adesione e consentire di procedere alla rimozione dello sporco.

È stato poi eseguito il consolidamento del supporto ligneo a cui è seguita l'operazione di pulitura, fase più delicata dell'intero intervento. L'intervento si è concluso con la stuccatura dei fori di sfarfallamento sugli incarnati, con il successivo ritocco pittorico e la verniciatura finale.

Scultore ignoto, Crocifissione, sec. XVIII, scultura in avorio cm 29 x 20 x 3,5, croce su basamento in legno intagliato e ebanizzato cm 94 x 43,8 x 14,7, elementi decorativi in argento. Trento, Castello del Buonconsiglio, collezioni Castel Thun. Restauro e scheda di Roberto Perini

La struttura lignea in essenza di latifoglia era interessata da lievi deformazioni e fessurazioni, la finitura superficiale ebanizzata era coperta da uno strato di gommalacca ingiallita e opacizzata e da notevoli depositi di sporco. Le applicazioni metalliche in filigrana si presentavano parzialmente deformate e talmente ossidate da risultare nere. Il Cristo in avorio aveva le braccia staccate per effetto del ritiro volumetrico della croce e presentava una superficie ingrigita e opaca conseguente ai depositi di sporco conglomerati a cere e gommalacca.

Nella fase iniziale dell’intervento conservativo si è eseguito lo smontaggio completo della struttura, degli elementi decorativi e del Cristo per permettere l’uso di tecnologie diverse per ogni tipologia di materia. L’asportazione delle sovramissioni dall’ebanizzazione si è eseguita mediante l’uso di bisturi per non intaccare la patina originale. Per la difficile pulitura degli argenti sono stati adoperati chelanti applicati in supportanti adeguati, dati in più fasi. Nella pulitura del Cristo eburneo sono stati asportati i protettivi antichi e lo sporco mediante mezzi meccanici ed è stata eseguita un’attenta rifinitura con solventi volatili, acqua distillata, con leggero tensioattivo, a tampone. Dopo la lucidatura, la protezione dei singoli pezzi e il ritocco pittorico, tutto il complesso decorativo è stato rimontato e fissato.

Scultore ignoto, San Romedio, sec. XVIII, scultura lignea policroma, cm 61 x 35 x 14. Coredo, Santuario di S. Romedio. Restauro e scheda di Maria Luisa Tomasi

La scultura, completamente ridipinta, presentava un massiccio attacco da insetti xilofagi evidente soprattutto a tergo dove l'assenza di policromia metteva in luce i numerosi e diffusi fori di sfarfallamento. Anche la base era completamente ridipinta con una corposa coloritura verde.

Il restauro è iniziato con un trattamento antitarlo e di seguito con il consolidamento del supporto ligneo.

La fase più lunga e impegnativa è stata la pulitura, che ha rimosso lo spesso strato di ridipinture. Sotto il primo rifacimento vi era un altro strato, questa volta di gesso, che è stato asportato a tampone con mezzi acquosi sulle vesti originariamente dipinte ad olio.

Incarnati e base erano invece a tempera e si è dovuta usare una particolare metodologia per riportarle in luce.

Sulla tabella, identificativa del Santo, si sono fatti piccoli tasselli di pulitura per appurare se sotto la pesante ridipintura vi fosse la decorazione originale. Visto l'esito negativo dei sondaggi si è deciso in comune accordo con la D.L. di lasciare il rifacimento risalente, con ogni probabilità, alla fine del secolo XIX.

Pittore ignoto, Ritratto di Pietro Pedrotti, fine sec. XIX, dipinto ad olio su tela, cm 55 x 68. Trento, Scuola Materna Equiparata Pietro Pedrotti. Restauro e scheda di Francesca Raffaelli

Il 17 maggio 2015 la Scuola Materna Equiparata Pietro Pedrotti ha subito un furto con atti vandalici. Gli ignoti responsabili oltre ad asportare alcuni beni hanno imbrattato con vernice spray bianca il dipinto ad olio su tela raffigurante il ritratto del fondatore Pietro Pedrotti.

Il dipinto, di autore ignoto e datato alla fine del XIX secolo, era stato dichiarato di interesse storico – artistico con determinazione del dirigente della Soprintendenza n. 71 di data 09 aprile 2009. Su richiesta dell'ente gestore della scuola, la struttura ha quindi stabilito di restaurare l'opera nei propri laboratori.

L'intervento di restauro, iniziato nel novembre 2015, ha comportato l'asportazione della vernice spray, la pulitura della superficie dalle polveri, la restituzione della planarità, la sostituzione del telaio, il restauro pittorico e la verniciatura. Anche la cornice è stata ripulita.


08/06/2016

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