L'oscurità del guscio
Un contesto onirico di suoni e testi che permetterà allo spettatore di approdare in un mondo che è un "guscio"
Una piazza di una cittadina toscana deserta. Una compagnia di artisti. Alcuni attori cominciano a recitare, i musicisti suonano, mentre dei danzatori improvvisano dei movimenti in questo silenzioso palcoscenico naturale, totalmente a disposizione. Azioni fisiche e sentire intimo. Tra una battuta e l’altra, accompagnate da un’avvolgente musica, una ragazza si stacca dalla compagnia e comincia a danzare in solitudine. È la danza della sofferenza. Dai suoi passi, dai suoi movimenti, trapela il malessere derivante dall’esclusione. Un uomo le si avvicina, tenta di convincerla ad unirsi al gruppo. Lei si siede su una panchina e si rannicchia su se stessa, rifugiandosi nel suo “guscio”.
Gli occhi attenti di un artista lì presente seguono attentamente la scena, mentre nella sua mente nasce l’idea per uno spettacolo dalla straordinaria originalità.
È da questo ricordo che prende forma “L’oscurità del guscio”– ci spiega Franco Maurina, apprezzato musicista e video-artista trentino, nonché autore della rappresentazione.
Si arricchisce di un nuovo evento la programmazione del Centro Servizi Culturali S. Chiara all'Auditorium “Fausto Melotti” di Rovereto. Da venerdì 26 febbraio a domenica 20 marzo 2016 lo spazio espositivo attiguo alla sala di Corso Bettini ospiterà un'installazione teatrale realizzata con figure virtuali da Franco Maurina che ieri, nel corso dell’incontro svoltosi nell’ambito di Cultura Informa, ha illustrato il suo progetto artistico. Presenti il direttore del Centro S. Chiara, Francesco Nardelli, e il poeta Franco Stelzer, autore della parte testuale dello spettacolo.
“Il progetto si inserisce nello spazio Melotti, all’interno del polo culturale del Mart – ha esordito Nardelli – per realizzare una comunione di intenti attorno a luogo vocato alla contemporaneità e modernità. L’intenzione è di sfruttare al massimo la disponibilità di questi spazi per ospitare progetti che, per la loro stessa concezione, sono interdisciplinari. Tutto nasce da un’intuizione di Maurina, artista trentino che espone nelle gallerie più blasonate d’Europa, che a Trento non trova la stessa visibilità. Sarà un’esperienza immersiva, l’echeggiare di mondi del fantastico, qualcosa di ricostruito che sembra reale al punto da sorprendere. Un contesto onirico di suoni e testi che permetterà allo spettatore di approdare in un mondo che è un ‘guscio’ – conclude”.
L'installazione teatrale, della durata di 22 minuti, propone una prospettiva interdisciplinare. Si tratta di una performance totalmente automatica, pensata per un numero limitato di spettatori (al massimo 15 per ciascuna rappresentazione) e prodotta da Frame Theatre e dal Centro Servizi Culturali S. Chiara.
“L’occhiale 3D – interviene Maurina - rappresenta una sconfitta, non si è mai davvero in un mondo a tre dimensioni. Qui, invece, si è subito in teatro. Lo spettatore, accolto in una sala immersa nel buio, avrà l'impressione di assistere a una rappresentazione dalla balconata di un grande teatro. La scena, in apparenza lontana, comincerà a farsi concreta. Ed ecco che, improvvisamente, come per magia, uno dei personaggi si materializzerà”.
Vorrei è la parola cui si è ispirato Stelzer per il testo. “Maurina propone degli spunti minimi, e con lo spettacolo conduce in una sorta di bolla liquida, come se i confini della sala venissero dilatati in una nuova dimensione – spiega -. L’oscurità del guscio è strettamente funzionale al risultato. Il monito è di affrontarla, e andare oltre”.
Sul tema dell’ “oscurità” torna Nardelli in chiusura, facendo notare che non va vista come “elemento preoccupante, ma come tramite per le emozioni. L’oscurità del guscio viene rappresentato tutti i giorni, eccetto il lunedì, alle 18.30 e alle 19.30. La scelta di tali orari non è casuale: abbiamo terminato la nostra giornata lavorativa e lo spettacolo è il nostro aperitivo, un intermezzo ad altre attività. Perché vedere lo spettacolo? Chi partecipa ne esce cambiato – conclude il direttore”.
Testo per «L'OSCURITÀ DEL GUSCIO»
di Franco Stelzer
Vorrei
che una liana
avviticchiata nel folto
uscisse dalle foglie
e mi prendesse.
E portasse, me e il mio corpo,
nel vortice gioioso
di scoiattoli e uccelli.
Vorrei che un larice – commosso – si inchinasse.
Che una donnola – o un alce – o un tasso – o un picchio
in mio favore argomentasse.
Vorrei che,
dalla tavola di un re,
uscisse l’assaggio di una crema pasticciera,
o il morbido montare di un soufflé;
vorrei che dai piatti profumati del monarca
giungesse a me - e al mio corpo -
l’invito a quella mensa.
Vorrei avere l’attenzione, anche l’assenso,
il vigile conforto
di nobili e lacchè.
Vorrei che donnole e pasticci,
liane, corvi e salse
avessero parole di sostegno,
chiedessero di unirsi
al loro cicalare,
dicessero:
sei tra le fronde, tra le vivande e i salici.
Sei un parlante – sei chi ci ascolta.
Ma io – che parlo –
sono ai margini del bosco,
dove il rumore prende il sopravvento.
Vorrei
che un tavolo, o una sedia,
un orco, un giovane, un martello
spendessero per me
grandissimi attestati,
dicessero: tu vivi.
Noi divoriamo
Noi spaventiamo
Noi sosteniamo
Noi inchiodiamo
Noi invecchiamo…
Ma c’è un silenzio intorno a me – che vivo.
E vedo solo canti – e schiene.
19/02/2016